sabato 13 febbraio 2016


Carnevale, si sa, è una festa tutta per i bambini!
Per noi genitori, invece, è una mazzata che cade tra i regali di Natale internazionali e le uova di Pasqua introvabili.

Il dramma comincia in un tranquillo pomeriggio di febbraio, quando tu ti freghi le mani pensando che ai costumi avete già pensato l'anno precedente e basterà solo tirarli fuori dall'armadio. 
Quest'anno l'asilo ha stabilito che il tema della festa a scuola sarà il Carnevale degli animali. Tua figlia ti comunica, quindi, che desidera essere un gatto (e ti va di lusso! Pensa se il suo animale preferito fosse stato un ornitorinco).
Tuo figlio, invece, ha deciso che quest'anno vuole indossare una maschera tipica dell'Italia. Pagliaccio? No, dai, troppo facile da trovare in negozio. Facciamo Arlecchino!
Così molli tutti a casa a fare merenda con la torta di mascarpone (scaduto) fatta da tuo marito ed esci, confortata dal fatto che, seppur il meteo segnalasse pioggia, fino a quel momento il cielo è stato sgombro di nubi. Inizia a piovere quando giri la chiave nel quadro di accensione. 
Prima tappa: spesa nel grande supermercato con interi scaffali di caramelle e decine di tipi di farine.
Ne esci distrutta, stanca, con i piedi gonfi e la sensazione di camminare da mesi.
Diluvia tanto che cominci a preoccuparti quando, cercando la macchina nell'enorme parcheggio, noti che il cartone del detersivo si sta rapidamente consumando.
Molli tutto in auto (finalmente trovata grazie all'accensione a distanza) e ti dirigi verso il negozio di stoffe.
Tutte molto belle, colorate e allegre ma a te serve stoffa nera, possibilmente pelosa.
Riesci a trovare qualcosa di confacente e navighi verso casa. Prendi misure su una bimba che si lamenta, cominci a tagliare e cucire. L'impresa non sembra titanica anche se ad ogni punto a mano ripiangi la macchina da cucire lasciata in Italia.

Per la maschera di Arlecchino, invece, i problemi sono più grossi. Avete idea di quanto sia difficile trovare una maschera tipica di un Paese in un altro Paese?
Esci con il pargolo, lo porti in giro per negozi e provi ad ammaliarlo con costumi già pronti. Invidi anche un pizzico le mamme di quei bimbi che scelgono senza troppi indugi le maschere di Spider Man o del cowboy.
Alla fine del pomeriggio, pensando alla cena ancora da preparare e all'ennesimo vassoio di chiacchiere da friggere, ti viene la brillante idea di proporre a tuo figlio di travestirsi da cuoco, con tanto di cappello e dolci reali.
Lui accetta! È fatta! Che ci vorrà mai? Cappello e grembiule li hai già, ti serve solo una casacca da cuoco.
E dove la trovi, ora?
Così passi l'ennesimo pomeriggio in giro per negozi, alla ricerca di una casacca, una camicia, una sottana, un lenzuolo. Insomma, qualcosa che vada bene per l'occasione.
Durante questa ricerca disperata ti spunta sotto le mani stoffa per confezionare il vestito di Arlecchino! Ennesimo cambiamento, nuovo lavoro e tempi ristretti, ma è qualcosa.
Torni a casa, non prima di aver recuperato il piccolo da una delle millemila feste in programma e aver contribuito alla pulizia dell'ambiente (si, insomma, aver scopato uno stanzone enorme).
Cominci alle 21:15 il confezionamento del costume che terminerai solo all'una di notte.
La stoffa è talmente elettrostatica che attira tutti i fili presenti nel raggio di un metro, capelli compresi, ma alla fine il risultato è discreto.
Sei troppo stanca per preparare le chiacchiere per la festa in classe, e pensi comunque che l'odore di frittura non concili il sonno (degli altri componenti della famiglia).
Rimandi al giorno dopo e, quando ti presenti in classe di tuo figlio con il cappello da cuoco e il vassoio di dolci, è un tripudio di sorrisi di bocche golose.
Sei stanca, puzzi di frittura fino alla punta dei capelli, hai le dita punte e una papola da goccia di olio bollente sul polso ma il sorriso dei tuoi figli è comunque la migliore delle ricompense.
Fino all'anno prossimo.


sabato 9 gennaio 2016

Post vacanze

Se la sera prima si accusava la stanchezza del viaggio e la malinconia dei saluti, il giorno dopo il rientro dalle vacanze è denso di pensieri lugubri e domande esistenziali.
Per non pensare troppo, per evitare di guardare dentro quel caos interiore che segue sempre i rientri, decido di mettere ordine fuori, in camera. Nell'armadio.
Tiro fuori vestiti, li censisco, penso di dover dare via qualcosa e finisco inevitabilmente con il conservare tutto, pensando che mi starà benissimo quando sarò tornata alla forma pre gravidanza (di 10 anni fa).
Sposto oggetti, accumulo, sparpaglio, ammonticchio e il risultato è che il mio caos interiore sembra ordine puro rispetto al caos che c'è sul mio letto.
Dalla cucina giungono voci di bimbi affamati, pronti per lo spuntino pomeridiano. Mentre loro smangiucchiano i loro biscotti con le labbra spalmate di yogurt, decido che la posizione degli alcolici nella vetrinetta è poco gradevole alla vista. Altra sistemazione!
E cosa vogliamo dire dell'albero di Natale, ancora eretto in tutta la sua piccolezza?
Smantelliamo tutto!
L'unico piccolo imprevisto è che gli scatoloni sono ancora in cantina e non mi va per niente di scendere in ciabatte e tutona da casa a prenderli.
Palle, ghirlande e calze giacciono quindi sul tavolo, accanto ai cioccolatini che non sono riuscita a fare entrare nella vetrinetta.
I bambini decidono di giocare a dare la caccia ai mostri, così quando il marito ritorna dal suo primo giorno di lavoro trova un letto su cui non potrà sdraiarsi, un tavolo su cui non potrà cenare, un albero di Natale spoglio in mezzo al soggiorno, pupazzi ad occupare il copriwater, biancheria da stendere ad impedire il passaggio e una befana ancora appesa al bastone della tenda, troppo in alto perché potessi arrivare a staccarla.
Con un po' di lavoro ma soprattutto senza nessuna alternativa, si riesce a sistemare tutto, a cenare e perfino a dormire.

Il caos interiore si è arreso: da domani la vita ricomincerà con il solito ritmo e le vacanze saranno un bel ricordo, uno dei tanti che accumuliamo in questa avventura. 

Rientri

E anche queste vacanze di Natale sono passate.

Dopo un giorno di viaggio, un atterraggio nebuloso, metro, treno e taxi, torni a casa stanchissima e accompagnata da quel raffreddore che ha falciato un quarto di famiglia tra Capodanno e l' Epifania.
La malinconia si taglia con il coltello.
Cammini per casa, trovi un pacco di fazzoletti sul comò e pensi che lo hai tolto all'ultimo momento dalla borsa, prima di partire. La voce si incrina.
Sposti una maglietta dal letto e ricordi di averla lasciata lì, poco prima di partire. Il labbro trema.
Il momento peggiore però arriva quando ti dirigi verso il frigo, lo apri e improvvisamente ricordi che lo hai completamente svuotato, prima di partire. Le lacrime scorrono a fiumi, soprattutto perché hai due pargoli affamati attaccati alle gambe e, a parte mezzo tubetto di salsa wasabi, non hai nulla da infilargli in bocca.

Per fortuna il siciliano in trasferta si porta dietro pranzi e cene complete dalla casa natìa.
Così, dopo aver aperto le valigie, si può cenare con pane fatto in casa condito con olio-sale-origano, olive nere, formaggio al pistacchio, succo di frutta e pure il dolce!

La sera del rientro è andata, quel che succederà l'indomani sarà un'altra storia...

martedì 18 novembre 2014

Destinazione ignota

"Sai mamma, oggi il compagnetto Tal dei tali era ammalato e io mi sono offerto di portargli a casa il quaderno dei compiti"
"Ok, e dove abita?"
"Non lo so"
"...eh ma...vabbè, controlliamo sulla lista dei recapiti che ci ha dato la maestra. Ecco...Tal dei tali...ma non c'è l'indirizzo... E ora?"
"Dai, io a occhio ricordo dove abita"
"...a occhio..."

E così i tre esploratori (la mamma con il mal di testa preventivo, il figlio che va ad occhio e la piccola che fin dal concepimento è stata costretta a seguirci) si mettono in macchina in un piovoso pomeriggio di novembre. 
Destinazione ignota.

"Si, guarda, mi pare questa strada al numero 27"

La mamma si appresta a parcheggiare quando: 
"NOOOO!!!! Molto più avanti"
"Ma il numero 27 è qui..." geme la sventurata, sterzando di colpo e facendo venire un paio di infarti al guidatore che la segue.
 "Allora è un'altra strada. Torna indietro"

Si torna indietro, sciorinando mentalmente una serie di epiteti poco educati nei confronti di tutti quei camioncini che hanno deciso di infilarsi in quella stradina strettissima, tutti contemporaneamente, quel pomeriggio.
Si prende un'altra via e forse (forse) è quella giusta. Peccato che il numero 27, in questa via, non esista.

"È a destra! O forse sinistra..." dice il bimbo dall'occhio acuto, mentre la radio canta a tutta birra La macchina del capo, su richiesta della piccola despota.

La paziente mamma parcheggia, provando a non distruggere gli pneumatici data l'altezza del marciapiede, e decide che passeranno in rassegna le case che vanno dal 25 al 28. 
Per pura fortuna il primo tentativo è quello giusto! Evviva!

Mai esultare prima che l'operazione sia compiuta: la cassetta della posta si trova dentro il portone e bisogna necessariamente farsi aprire citofonando.

Credete che qualcuno abbia risposto?

Al terzo tentativo, terrorizzata dallo sguardo del bimbo che anticipa la richiesta di tornare più tardi, l'esasperata mamma decide di suonare ad un vicino di casa.
Ci apre un signore molto gentile e piuttosto spaesato: evidentemente quella di suonare ai vicini per farsi aprire non è un'abitudine consolidata in Germania.

I tre spiegano la situazione, con tante scuse, e provano ad infilare il quaderno nella cassetta della posta.

Era praticamente scontato che il quaderno fosse più grande e non vi entrasse!

Con gesto di resa, la mamma abbandona il quaderno sullo zerbino, ormai convinta che anche quest'ultimo avrebbe riservato loro qualche sorpresa. 
Grazie al cielo lo zerbino li grazia.
I tre salutano il tedesco perplesso, con ancora tante scuse per il disturbo, e, trionfanti, vanno via.

Per stavolta è andata bene, se pensiamo che l'anno scorso la casa di una compagnetta la cercammo in tre per una settimana. 
E ancora non abbiamo capito dove abita.

sabato 18 ottobre 2014

Uscite serali

Evviva! Una bella uscita serale ci voleva proprio. 
Per una rappresentazione teatrale in italiano, poi, valeva proprio la pena di agghindarsi e lasciare pupi e pupone soli a casa.
Il buon funzionamento dei mezzi pubblici mi ha invogliata a prendere il tram per questa escursione serale, così da godere dell'osservazione di uno squarcio di umanità.
È sabato sera e i ragazzi escono, vanno a "folleggiare" in giro per una città dai valori climatici adeguati ad un normale autunno tedesco.
Ed è qui che mi stupisco a passeggiare avanti e indietro alla fermata del tram, onde evitare il congelamento, mentre le ragazzine accanto a me esibiscono collant strappati e autoreggenti.

Quando ho visto passare la prima, con due enormi buchi nei collant e tutte le smagliature che si dipartivano da quelli, ho pensato: "Poverella, sarà caduta e ora torna a casa a cambiarsi".
Alla seconda ho ipotizzato che avessero lasciato un attrezzo da cantiere incautamente incustodito e che povere, ignare studentelle tutte smartphone e WhatsApp vi fossero incappate disastrosamente.
Al gruppetto di ragazze nelle stesse condizioni, ho cominciato a sospettare che fosse di moda.
Quando poi le ha raggiunte l'amica in minigonna, con reggicalze e autoreggenti ostentati con fierezza, il mio pensiero è andato a mia figlia.
Obiettivo del mese: insegnarle che no, le calze strappate non proteggono dal freddo. 

Il tram arriva, riparte e mi porta finalmente a destinazione.
Infreddolita, cammino verso casa e penso che lì ho il mio maritino paziente ad aspettarmi, il lieve odore di sudore dei miei piccoli accoccolati sotto le coperte, il calore del parquet, il divano comodo e il plaid morbido, il libro della settimana (Through the language glass), due fette calde di pane tostato e il succo di mele spremute stamattina e capisco che lì, a casa, ho tutto quello che potrei desiderare.

Compresi una decina di paia di collant integri.



mercoledì 3 settembre 2014

Rientro

Succede ogni volta, da 30 anni ormai. E ogni volta è uno strazio.

Il rientro dalle vacanze è sempre stato un trauma per me, fin da quando si passava dal paesino sperduto alla casa di città (distanza massima: 1 ora).
Adesso che cambiano addirittura stato, lingua e clima, figuriamoci come mi sento: le funzionalità neuronali si obnubilano e non posso fare a meno di osservare un oggetto a caso e pensare "lo avevo messo lì poco prima di partire". E giù di lacrime.
In fondo il problema risiede solo nella mancanza di quell'aria tutta speciale che si avverte durante le vacanze: mille persone intorno, ognuno con un programma diverso e tanti impegni da conciliare e poi si finisce a non fare nulla. 
Quando si è in vacanza, i giorni non contano più e anche gli orari iniziano a perdere di importanza. 
Così ti trovi a pranzare alle 15 e a fare pennichella fino alle 18.
Ridi pensando a quel momento lontano in cui dovrai tornare ad un minimo di regolarità.
Finché non ti accorgi che i giorni a disposizione sono finiti e il momento di rifare le valigie è arrivato.
Siamo di nuovo a casa, si torna a fare le persone serie.
Almeno fino a San Martino...


lunedì 12 maggio 2014

Non tutti i mali vengono per nuocere

Fine settimana! Parola d'ordine: uscire e svagarsi!
Si, sul balcone, per innaffiare le piante.

È sempre stato così, da quando il mio primogenito era poco più che un neonato.
Si facevano progetti, si programmavano gite o esami universitari con settimane di anticipo e, giusto la sera prima del grande evento, ecco comparire un malanno a caso.
Sembra quasi che lo facciano apposta.
"Ok, linfociti, la mamma ha piacevoli impegni per il fine settimana. Entrate in sciopero, abbassate i ponti levatoi e lasciate indisturbati virus e batteri."

Così giovedì mio figlio inizia a lamentare mal di gola. 
Venerdì è il turno dell'amata sorella, che proprio non riesce a stare lontana dall'untore. La notte trascorre tra nasini gocciolanti, cartoni in tv e preparazione di biscotti (dovevo pur fare qualcosa per cercare di restare sveglia).
Sabato la tanto attesa visita allo Zoo (con tanto di entrata gratuita solo per quel giorno specifico) salta.
Domenica nessuno ha la forza di muovere un passo verso il ristorante più vicino, così ci limitiamo a ordinare qualcosa.
Mi godo i regalini infantili dei miei pargoli per la Festa della Mamma e la pioggia battente che risolleva l'animo.

"Per fortuna siamo rimasti in casa!"

In fondo il sistema immunitario dei miei figli ci ha evitato un paio di docce gelate.
Non ci resta che ringraziarlo!