mercoledì 7 maggio 2014

"Caro basilico, ti voglio tanto bene..."

Ho sempre pensato di non avere il pollice verde. 

Quando ti muoiono due cactus, una pianta grassa, un bonsai e un'innumerevole quantità di basilico il dubbio ti assale.
Il caso ha però voluto che trovassimo una delle pochissime case tedesche con ben due ampi e spaziosi balconi. Se poi aggiungiamo che i nostri sono gli unici a non avere fronde cadenti, colori sfarzosi e farfalline svolazzanti, qualcosa si doveva pur fare!
Ho quindi rispolverato i ricordi di Botanica e Morfologia e fisiologia vegetale e ho messo mano alla zappetta.
Complice anche una mega offerta al supermercato, ho portato a casa una trentina di chili di terra e otto piantine di gerani!
Avendo già abbondantemente sforato il budget previsto, ho rinunciato alle belle fioriere in rattan e ho adattato alla situazione le cassette per la frutta dell'ultima spedizione di arance.
Dopo averle foderate di plastica bucherellata per permettere un drenaggio decente, dopo averle sistemate con rettangoli di zanzariera per consentire alla terra una buona ossigenazione e, soprattutto, dopo averle bonificate dalle schegge di legno, le ho riempite di terra e vi ho piantato i gerani.
Per la prima settimana ho tenuto tutte e quattro le cassette su un unico balcone, poi ne ho portato due sull'altro, controllato l'irradiazione solare e misurato l'angolo esatto su cui sembra battere maggiormente il sole.
Poi ho deciso che era arrivato il momento di complicarmi ulteriormente la vita e ho piantato tre fondi di lattuga.
Sapete che la lattuga è in grado di ricrescere anche solo immersa in acqua?
Pensate cosa succede se la si pianta su terra!
Nel giro di un paio di mesetti si ottiene una nuova, piccola, microscopica lattughina.
Pratico, no?
Ovviamente ho ristudiato anche il concetto di consociazione, ovvero la crescita simultanea sullo stesso terreno di due o più ortaggi, in grado così di scambiare mutuamente nutrienti necessari.
Così, accanto alle lattughine ho piantato delle carotine e una piantina di basilico.
Sono così orgogliosa del mio orticello casalingo che non passa giorno senza che mi infili i guanti da giardiniere e innaffi e sistemi e controlli lo stato della crescita.
Ieri sera, mentre cenavamo, ho dato un'occhiata fuori dal balcone e ho "salutato" le mie pianticine.

"La mamma è completamente matta!" 

Chissà, figliolo, chissà.



















lunedì 5 maggio 2014

Esercizi di autonomia

"Se il bambino non dovesse venire a scuola, per favore chiami e avverta perché se non lo vediamo arrivare allertiamo famiglia e polizia"

Sembrerebbe una raccomandazione strana ed eccessiva senza le dovute premesse.
In Germania i bambini vanno a scuola da soli.
E per bambini non intendo ragazzini in età prepuberale ma pargoli di sei anni con, sulle spalle, zaini più grandi di loro.
Li vedi girare da soli, attraversare in piena autonomia, gestirsi come ometti/donnine avvezzi a muoversi tra semafori e piste ciclabili.
Cominciano ad educarli al culto dell'autonomia già all'asilo, con gite in tram e passeggiate su strada.

Io, però, sono una mamma italiana, portatrice nel DNA di quell'apprensione che si tramanda ormai da generazioni, insieme al colore degli occhi e alla capacità di urlare da una stanza all'altra. 
"Non saltare sul letto, rischi di cadere"
"Non arrampicarti sul divano, rischi di rotolare giù"
"Non sostare vicino ai mobili, ci sono gli spigoli"

Alla veneranda età di 8 anni, il mio primogenito comincia a sentirsi incuriosito da questa improvvisa libertà.
Ho quindi deciso di fargli assaporare momenti di autonomia.

Serviva un nuovo quaderno di matematica, così gli ho messo in mano 4 euro e gli ho detto di entrare in negozio e comprarne uno. Io avrei effettuato i miei acquisti e ci saremmo ritrovati alla cassa.

"Mamma, con i soldi che avanzano posso comprare qualcos'altro a mia scelta?"
"Certo, amore".

Eccitato da questa occasione, si munisce di cestino porta acquisti ed entra baldanzoso in negozio.
"Neanche gli avessi dato 50 Euro" sorrido tra me e me.
Trova il quaderno che gli serve e lo prende, insieme ad altre due o tre oggettini "Fondamentali, mamma!"
Gli faccio notare che deve tenere i conti, altrimenti rischia di non avere abbastanza soldi per pagare tutto.
Dopo un rapido controllo dei prezzi, elimina qualcosa e rimane con il famoso quaderno per la scuola più uno da dedicare esclusivamente ai suoi scritti di piacere, per un totale di 1,59 €.

"Bene, mamma! Ora cerco qualcosa che costi 2,40".

Abbiamo trascorso mezz'ora in quel negozio, lui cercando qualcosa da comprare, la sorella giocando con tutti i peluche in esposizione e io ripetendo che il resto poteva pure metterlo da parte per un'altra occasione.
Finalmente capitola, immaginando altri investimenti per quel capitale, e ci avviamo alla cassa.
Lo lascio fare in totale libertà: deporre gli oggetti sul nastro, ascoltare la cifra declamata dalla cassiera, rigirarsi in mano le monete da 2 Euro prima di scegliere con quale delle due pagare, ricevere il resto.

Non sono ancora pronta a lasciarlo girare per le strade da solo ma almeno ora so che la prossima volta che servirà un quaderno non sarà necessario entrare in negozio tutti e tre in pompa magna.
Io e Laura potremo aspettare tranquillamente in macchina.
Non meno di mezz'ora, ovviamente.

domenica 4 maggio 2014

E che sarà mai?


"Gioia, invitiamo il mio collega e la moglie a cena, questo sabato?"
"Certo!" E che sarà mai?

Quando imparerò a non sottovalutare le situazioni?

Da quando viviamo in Germania, ci è capitato di avere amici a cena ma per lo più in maniera inaspettata. Due spaghetti alla buona, un bicchiere di vino e tante chiacchiere.
Un invito a cena ufficiale, però, rappresentava davvero la prima volta.
Non posso certo definirmi una cuoca provetta (oddio, anche la parola cuoca è eccessiva) ma ho quei due o tre piatti forti che riservo proprio per queste occasioni.
Uno di questi è la pasta all'uovo con il ragù.
E l'ultima volta che l'avevo preparata per un pranzo con amici ci trovavamo a Modica.
Tutto liscio, all'epoca, perché nella città dei Conti ero munita di stigghi*: macchina per la pasta e superficie fissa.  
"E che sarà mai?" e via, anima e, soprattutto, corpo nella preparazione della pasta all'uovo.
Chi ha confidenza con tale preparazione sa bene che una delle caratteristiche fondamentali, oltre all'odore inebriante, è l'elasticità: la stendi con il mattarello e lei si ricompatta.
E la ristendi.
E si ricompatta.
E la ristendi.
E, la maledetta, si ricompatta.
Con la macchinetta per stendere la pasta avrei finito il lavoro in 10 minuti.
Armata di solo mattarello, invece, ho seriamente rischiato una lussazione alla spalla. Tra l'altro dovevo impastare e stendere su un rettangolo di fodera plastificata non fissato al tavolo e che si spostava ad ogni movimento. Quindi lo tenevo fermo con le gambe. 
"Un pacco di pasta qualsiasi acquistato nella bottega sotto casa, oh no, sarebbe stato troppo facile" mi dicevo più o meno al secondo pezzo di pasta.
Mio marito, nel frattempo, mi nutriva infilandomi pezzi di pane tostato in bocca e guardava film in tv.
Ho iniziato a lavorare al minuto 00:05 di X-men e ho finito a circa metà di MIB 3.
Pasta disposta ad asciugare su teli piazzati sul divano e a ninna.
Il giorno dopo mi accingo ad acquistare il tritato per il sugo (non prima di aver messo in salvo la pasta dalle regali terga dei miei addormentati figlioli).
Vado in centro con la macchina e decido di stampare un biglietto parcheggio di solo mezz'ora.
"E che sarà mai, Karstadt è qui dietro, vado, compro e torno".
Il Veni Vidi Vici però non era decisamente nei miei astri.
10 minuti sono volati via semplicemente aspettando che la signora prima di me venisse servita. Le occorreva solo una misera fettina di lonza di maiale ma nessuno dei due ragazzi al bancone era in grado di tagliarla. 
Hanno dovuto aspettare l'arrivo dell'unica competente: un' ultracinquantenne con un inizio di Parkinson.
"Cominciamo proprio bene".
La restante mezz'ora è trascorsa guardando con nervosismo crescente la macchina per macinare che si bloccava, che veniva smontata, lavata e riassemblata.

Per fortuna il resto della giornata è proseguito come da tabella, con cena pronta mezz'ora prima dell'arrivo degli ospiti e promessa al pargolo mantenuta: tre quarti d'ora di gioco insieme.

Ultimo appunto della giornata, prima di chiudere gli occhi e sognare inseguimenti di tagliatelle: portare in Germania la macchina per la pasta!



*Termine tutto siciliano che identifica gli attrezzi del mestiere.